sabato 12 maggio 2012

I traumi della vita


Trauma: un termine che fa parte del linguaggio comune e che usiamo noi tutti in vari contesti e riferendoci a situazioni differenti, da quelle effettivamente "traumatiche" a quelle in cui il significato del termine trauma è più ironico.
Nella clinica vengono distinti due differenti tipi di trauma: i grandi Traumi, con la T maiuscola e i traumi con la t minuscola.
La differenza non è nell'importanza di uno rispetto all'altro o nella gravità, poichè, ovviamente, anche un trauma con la t minuscola può essere sconvolgente per una persona; la differenza è riferita al pericolo di vita: nei Traumi con la T maiuscola una persona ha temuto per la propria vita, ha temuto di perderla (catastrofi naturali, gravi incidenti in cui la persona ha avuto paura di morire, ecc.).
Spesso e oserei direi "inevitabilmente" la vita di tutti noi è costellata di "piccoli traumi": dal primo giorno di scuola nell'infanzia, ai primi innamoramenti non ricambiati dell'età adolescenziale sino a quelli che affrontiamo ogni giorno e di cui, nel migliore dei modi possibili, cerchiamo di contenerne gli effetti, uscendone spessissimo, per fortuna, incolumi.
Per quanto sembri esagerato, le tre esperienze di vita appena citate furono traumatiche: hanno, cioè, sottoposto il nostro corpo e la nostra mente ad uno stress, che per fortuna abbiamo superato quasi tutti!
Alle volte invece capita che una situazione stressante provochi degli effetti ben più duraturi e di intensità maggiore di quanto ci si aspetterebbe: lo stress supera e vince la soglia di tollerabilità della persona divenendo un evento traumatico con conseguenze fisiche e soprattutto psichiche.

Pensiamo ad esempio ad una persona che soffre di attacchi di panico: andando a ripescare il primo attacco di panico, probabilmente si noterà che le circostanze in cui si è verificato non sono tali da giustificare quelle paure irrazionali tipiche dell'attacco di panico (di morire, di perdere il controllo, di impazzire, ecc).

Cosa accade allora quando, subdolamente, un disagio psichico fa il suo ingresso nella vita di una persona?

mercoledì 25 aprile 2012

Paura di credere in se stessi


Navigando per internet ho trovato questa magnifica composizione, il cui autore pensavo fosse almeno uno psicologo ma poi ho scoperto essere un disc jokey dedito anche alla scrittura!!
Appena l'ho letta ho pensato a quanto fosse impregnata di "teorie cognitivo comportamentali": pensieri distorti su di sè, bassa autostima e conseguente paura del rifiuto, pensieri automatici del tipo "lettura della mente" ("l'altro non mi vorrà").
Impariamo dunque a provare, a metterci alla prova; se nella nostra vita abbiamo sofferto perchè rifiutati, perchè ci siamo poco amati e non crediamo a noi stessi e alle nostre possibilità, se portiamo dentro di noi grandi ferite dovute ad abbandoni o umiliazioni, proviamo a pensare che in fondo, proprio perchè conosciamo l'esperienza di questa sofferenza possiamo osare!

giovedì 12 aprile 2012

Gioco. D'azzardo. Patologico.



Meno di un mese fa leggevo in rete notizie relative a una "sconcertante" scoperta del monto scientifico e la conseguente preoccupazione dei colleghi psicologi e dei vari statisti che si son messi a fare ricerche ulteriori per approfondire l'argomento: sembrerebbe che il gioco d'azzardo "patologico" sia un disagio psicologico e sembrerebbe che si stia diffondendo moltissimo fra la popolazione italiana (tralascio quella mondiale).
Probabilmente solo io ho trovato "sconcertante" questa notizia, che ho visto riproporre nei giorni seguenti con tanto di interviste annesse a primari vari e a gran dottoroni (visti persino ai TG in televisione), che esprimevano la loro preoccupazione in merito al dilagare di questo fenomeno (il gioco d'azzardo) e su tutte le possibilità terapeutiche esistenti (ma dove?).
In realtà, ciò che ho definito sconcerto è forse sdegno, irritazione o sarcasmo professionale visto che SOLO ora sembrano fare attenzione ad un PROBLEMA diffusissimo e presente nel contesto italiano da anni e che da tempo è entrato a pieno titolo fra i disagi psicologici: parliamo, infatti, di Gioco d'Azzardo Patologico.

sabato 11 febbraio 2012

Amore: si può non averne più da dare?

Domanda-titolo di questo post mi è venuta dalla visione del film "Ti odio, ti lascio, ti...": film sicuramente molto leggero, utile per passare queste tediose serate obbligati a casa a causa del tempo.
Il film, molto sinteticamente, parla di una coppia assolutamente poco funzionale che dopo l'ennesimo litigio decide di separarsi, trascorrendo i primi periodi ancora sotto lo stesso tetto.
Durante questo tempo i due assumono comportamenti atti a destare anzi ri-destare l'interesse dell'altro nei propri confronti, confidando nelle "percezioni" dell'altro o nelle altrui capacità di lettura della mente.
Devo dire che può essere molto istruttivo per molte coppie la visione di questo film, perchè nella sua semplicità fa luce su un aspetto così importante e fondamentale per la riuscita della coppia: la comunicazione. Comunicazione che fra i due protagonisti è decisamente scarsa, aggressiva e ambigua: non detti, aspettative, parlare di qualcosa per cercare di far capire altro, etc.

venerdì 29 luglio 2011

Stress, ansia e malumori dei single felici e convinti


Tempo fa riflettevo sull'attuale crescita esponenziale della popolazione dei single, "giustificando" questo fenomeno con una serie di validissime ragioni: in primo luogo c'è senza dubbio la conquista della tanto agognata LIBERTA' personale e, a seguire, fattori economici e personali in genere, come la poca disponibilità a "scendere a patti" con qualcun altro, spesso adattandosi (il che lo possiamo sempre ricollegare al concetto di libertà..), il bisogno di autonomia nelle proprie scelte e una più generale deresponsabilizzazione verso un'ipotetica vita di coppia.
Detto in poche e semplici parole, il "pensiero tipo" del single convinto potrebbe essere qualcosa del tipo "NON HO VOGLIA DI CAMBIARE ME STESSO PER QUALCUNO".
Come si suol dire...chi è senza peccato scagli la prima pietra!!
Perchè stare in coppia significa questo: cambiamento, adattamento, compromesso, ascolto, responsabilità, condivisione e molto altro che implica la presa in considerazione di un'altra persona diversa da noi, con le sue esigenze, i suoi bisogni, i suoi desideri e tutto il suo mondo, diverso dal nostro.
Personalmente non ho mai creduto alla frase-scusa "Sono fatto così, non posso cambiare".

lunedì 20 giugno 2011

Parkinson: un palcoscenico di possibilità



Oggi, l'associazione Onlus Parkinzone, presso la sede dell'IES (Istituto Regina Mundi) a Roma (Lungotevere Tor di Nona 7), dove settimanalmente si svolgono le attività del gruppo di persone affette da Parkinson che aderiscono a Parkinzone,  ha messo in scena o meglio i "Parkinzotti" hanno messo in scena il saggio finale per la chiusura dell'anno di lavoro.
L'Associazione nasce per fornire, in maniera del tutto gratuita, alle persone affette da malattia di Parkinson una serie di attività/laboratori che, col passare degli anni, si sono rivelate essere un preziosissimo aiuto e un supporto co-terapeutico per queste persone.
Vengono infatti svolti laboratori di teatro e di danza, cui verranno presto affiancati laboratori di arte-terapia.
Perchè tutto ciò? Perchè far fare teatro o addirittura danza a delle persone il cui problema è proprio il movimento, la rigidità, la difficoltà a mantenere l'equilibrio, assieme alle difficoltà del linguaggio, difficoltà espressive; per non parlare poi del fatto che può capitare che questa malattia comporti anche delle carenze cognitive a livello di memoria, attenzione e capacità di produzione verbale?
Sembrerebbe una tortura per queste persone infierire con delle attività che richiedono loro tutto ciò che il Parkinson toglie col passare del tempo...
E invece no! Anzi lo riscrivo e anche in maiuscolo per sottolineare e affermare meglio il concetto:

E INVECE NO!

Parkinzone Onlus è attiva da circa sette anni grazie all'opera di attori e ballerini professionisti, terapisti della riabilitazione e specialisti in arti terapia; affianco alle figure più "operative" vi è poi il supporto medico del Dott. Nicola Modugno, specialista in neurologia ed esperto di Parkinson.
In tutti questi anni di attività si è andata sempre più consolidando una realtà che pochi si aspettano e che, per queste persone, rappresenta una possibilità, tante possibilità: durante i laboratori di teatro e di danza queste persone recitano, ballano, cantano, si divertono, esprimono emozioni...
Questa è la contraddizione che viene offerta a queste persone: laddove la vostra malattia vi blocca, queste attività vi rimettono in moto!
E, onestamente parlando, quante persone, familiari, conoscenti o parkinsoniani stessi, pensano sia possibile una cosa simile?
Io questa mattina l'ho visto ancora più dettagliatamente assistendo al bellissimo e davvero emozionante spettacolo messo in scena.
Ovviamente non sto dicendo che grazie al teatro e alla danza queste persone agiscono come se non avessero alcuna malattia; agiscono, si comportano, si muovono, vivono la loro vita, le loro emozioni, il loro Parkinson, in quei momenti, in maniera differente.
Il Parkinson è una malattia che toglie qualcosa alle persone: queste attività espressive consentono invece di recuperare ciò che resta e sfruttarlo al meglio, lasciando un attimo il Parkinson dove sta e vivendo il resto del proprio corpo, esprimendolo, soprattutto emotivamente.
Molto spesso il soggetto Parkinsoniano rimane "ingabbiato" nelle sue stesse difficoltà che lo portano a provare emozioni fortemente negative: ansie, malumori, depressioni vere e proprie, panico, fobie..
Tutte queste intense emozioni bloccano ancor più la persona, più di quanto faccia la malattia stessa.
Personalmente ritengo che, anche se venisse inventato il miglior farmaco di tutti i tempi per il Parkinson, il fatto stesso di avere la malattia, il fatto stesso di "NON ESSERE PIU' COME PRIMA" impedirebbe al farmaco di agire come dovrebbe e risulterebbe quindi inefficace.
Perchè mi son dilungato sull'importanza dell'emotività e sulle emozioni negative che "rafforzano" i sintomi della malattia?
Perchè durante il teatro e la danza, quando si recita, quando si interpreta qualcun altro, quando si lascia che il proprio corpo segua dei ritmi liberamente e non forzatamente, le persone affette da Parkinson recitano, cantano e ballano. Limitate dalla malattia certo ma "distratte" dalla propria volontà a voler controllare i sintomi della malattia.
Si potrebbe paragonare ad una sorta di dissociazione della coscienza: in quel momento sono totalmente concentrati a interpretare, ad esprimere un'emozione, a cantarne un'altra; la coscienza sul proprio stato fisico (mano che trema, gamba che non si ferma, rigidità..ecc) viene un pò meno (a volte molto meno) ed ecco che anche la relativa ansia di controllo cala e ciò che rimane sono le molte possibilità che queste persone ancora hanno da sfruttare nella propria vita.
Per me è stata una grande emozione osservare stamane questo gruppo di persone recitare e poi danzare: posso affermare di non aver visto dei parkinsoniani che recitavano o danzavano ma delle persone con un disagio fisico che in quel momento non era la cosa più importante della loro vita: ciò che in quel momento era importante mi è sembrata la possibilità che hanno mostrato di come la vita possa ancora esser vissuta.

sabato 28 maggio 2011

Single convinti e felici....sarà poi vero?



A quanto pare, da vari sondaggi condotti da riviste superspecializzate (è ironico ma purtroppo è vero...si sa che a noi italiani la cronaca rosa appassiona un sacco e di riviste a tema ve ne sono tantissime!), risulta che la popolazione dei single in Italia sia in continua crescita.
Sarà dunque che il povero Cupido debba andare in pensione?
Di sicuro non è certo facile stare in coppia; non dico trovare la famosa "anima gemella" ma almeno qualcuno con cui andare daccordo, qualcuno da amare e da cui essere amati, qualcuno che ci faccia sentire importanti e che ci permetta di donare ciò che tutti, nessuno escluso, hanno dentro.
La vita di coppia poi è spesso complicata: c'è da "adattarsi" alle abitudini dell'altra persona, c'è da "smussare" alcuni aspetti del proprio carattere su cui veniamo ripresi dal partner; per non parlare poi di tante piccole cose che si "sopportano" per amore: il partner che russa e non ci fa dormire, il partner che non ci porta i fiori ogni tanto perchè non ci pensa, il partner che vorremmo avesse occhi solo per noi e notasse ogni cambiamento che apportiamo al look e ci facesse ogni volta i complimenti; il partner che non sopporta nostra madre (o viceversa), il partner che ci fa soffrire e stare male, che ci fa passare momenti di tristezza e che ci fa piangere, arrivando a maledire il giorno in cui lo si è incontrato...

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