Visualizzazione post con etichetta stress. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta stress. Mostra tutti i post

giovedì 26 settembre 2013

Caffè anti stress a lavoro...





http://salute.ilmessaggero.it/medicina/notizie/pausa_caff_colleghi_macchinetta_antistress_ricerca_salute/327866.shtml

Ecco un'altra di quelle scoperte che rivoluzionano il mondo tipo l'acqua calda...
Quando non si sanno come spendere soldi evidentemente si fanno queste ricerche.
Chi mai potrebbe dire che non sia salutare innanzitutto una pausa caffè anche soli, in qualunque circostanza ma soprattutto un caffè con i colleghi per spezzare con la routine lavorativa che ci opprime 5 giorni su 7 e per alcuni anche più?

I ricercatori danesi invece si sono impegnati a mostrare fino in fondo quanto sia importante per aiutare a sostenere lo stress lavorativo.

Che lo si sappia o no "stress" è un termine che non rappresenta qualcosa di negativo nè positivo ma indica un qualunque fattore, interno o esterno ad un organismo, reale o immaginario, che richiede una risposta dell'organismo stesso ad esso.
Purtroppo allo stress si attribuisce automaticamente una connotazione negativa; in realtà la definizione corretta per lo stress che causa problematiche sarebbe distress.

"Stressante" può esserlo una infinità di situazioni che spaziano fra i più svariati ambiti: lavorativo, familiare, sociale, affettivo, salutare, ambientale, ecc ecc.
Sono le valutazioni cognitive che la persona da all'evento stressante che rendono la situazione fonte di disagio o no.

Arriviamo all'ambito lavorativo che è stato oggetto di questa ricerca.
La maggior parte delle persone che ha un lavoro dipendente e che lavora in una struttura organizzata è "costretta" a sottostare a regole che gli impongono dei cambiamenti: questo è la prima fonte di stress.
Questi cambiamenti sono ad esempio il doversi svegliare presto la mattina, percorrere un tot di strada, in macchina o altro, per raggiungere il luogo di lavoro, rispettare gli orari di ingresso a lavoro, magari vestirsi in un determinato modo per andare a lavoro e si potrebbe continuare a lungo facendo riferimento solo al rapporto persona-lavoro.
Bisogna aggiungere a questo ben imponente stress anche quello che deriva automaticamente dal primo fino a creare una cascata di eventi stressanti a partire dalla prima fonte di stress che è rappresentata dal lavoro.
Organizzarsi per portare i figli a scuola, ad esempio, il traffico con tutto ciò che comporta, eventi indipendenti dalla propria volontà e che si aggiungono a potenziare lo stress.

Probabilmente siamo solo alle 8 massimo le 9 del mattino...Arriviamo sul posto di lavoro già sfiniti probabilmente e mentalmente esauriti e iniziamo solerti la nostra bella e amata attività...
Troppi posti di lavoro, anche quelli che non prevedono un contatto con il pubblico, sono stati organizzati per separare i vari dipendenti: uffici, postazioni, piani differenti di un edificio strutturati in modo da evitare il contatto fra i lavoratori impedendogli così di perder tempo (in un'ottica aziendale ovviamente).
Natura vuole poi che fisiologicamente dopo un'oretta massimo due ore la capacità attentiva di una persona cali drasticamente assieme alla sua curva glicemica e, di conseguenza, la sua capacità produttiva...
Siamo arrivati finalmente alle 11, 11.30: scatta la pausa caffè!!!

Dove lavoro io è passata una circolare che vieta espressamente di sostare nella zona bar per un tempo superiore a quello necessario "ad assumere una tazzina di caffè, seguito, ove necessario, dalla necessità di fumare una sigaretta"...e poi si torna subito a lavoro!

Diciamo che un dieci, massimo venti minuti ce li si concede al bar tra un caffè e due chiacchiere con chi ci capita a tiro.
La nostra mente nel frattempo continuerà da sola, da qualche parte a lavorare a ciò che stavamo facendo...

Ebbene si, anche al bar non siamo davvero "liberi" e per questo ringraziamo il fantastico "effetto Zeigarnik" ma sicuramente possiamo soddisfare un bisogno, quello di dedicarci a noi stessi e alla socialità, anche se per poco tempo, che ci consente di alleggerire la nostra test e "ricaricare" le munizioni anti-stress.

Io direi che è fondamentale la pausa caffè ogni tanto; ad alcuni sembra una perdita di tempo ma in realtà ci consente due cose delle quali non siamo sempre completamente consapevoli: elaborare strategie ulteriori e nuove per portare a termine mentalmente ciò che stavamo facendo (l'effetto Zeigarnik) e dedicare spazio "ludico" a noi stessi, favorendo anche il primo!

Stando così le cose un avvertimento importante: guai a parlare di lavoro durante la pausa caffè!
La ricerca parla infatti di scambio di opinioni: ebbene io sono contrario a questo.
Sempre dove lavoro io che sia pausa caffè o pranzo o cena (ci si ritrova sempre...) vedo il personale che non fa altro che parlare di lavoro, dei casi che ha visto durante la giornata e su cosa devo, dovranno o dovrebbero fare..
Ho sempre pensato che fosse la cosa peggiore che possano fare a loro stessi portarsi il lavoro ovunque senza concedersi quello spazio per se stessi di cui dicevo sopra.
La parola pausa deriva dal verbo greco"payo" che significa "mi riposo", "faccio cessare", "mi fermo" (inteso nel parlare, così da "recuperare" la voce).

Lo stress se mal gestito diventa cronico generando anche serie problematiche di tipo fisico e psicologico di cui sicuramente scriverò in un altro momento. 
Quindi che pausa caffè anti-stress sia a lavoro e con i colleghi ma che non sia occasione per continuare a parlare di lavoro perchè ci sta già pensando la nostra testa; con i colleghi ci si può confrontare sulle "cose" di lavoro via mail o in qualunque altro modo ma non durante una pausa che deve essere dedicata a sè.
L'immagine di questo articolo che ho preso da qui è significativa di ciò cui andiamo incontro se non riusciamo a prenderci del tempo per noi, a differenza di quanto, allora, sosteneva qualcuno.



domenica 16 dicembre 2012

Investire (male) nel "COACHING"




Voglio farmi voler male da tutti questi emergenti "coach" che si stanno diffondendo come un'epidemia nel mondo e nella cultura italiani da un pò ti tempo ormai e ancora di più negli ultimi anni.
Perchè in Italia non siamo contenti se non importiamo qualche cavolata dall'estero credendo di poterla infilare nella nostra società come se nulla fosse, senza considerare da dove proviene questa "novità" o per quale motivo è nata e si è sviluppata NON in Italia.
Quella del "coach" l'ho sempre ritenuta una figura dai contorni poco chiari, dalle attività poco chiare, dalla formazione (quale poi?) poco chiara.
Ma visto che la novità piace tanto, appena giunta in Italia, ecco fiorire scuole, master di specializzazione, corsi di alta formazione in coaching; manco fosse presente nella nostra cultura come solo la lingua latina può esserlo...

domenica 27 maggio 2012

Che stress lo stress!



Un termine sicuramente diffusissimo oggigiorno, soprattutto per il tipo di vita che portiamo avanti tutti: piena di impegni, correndo dietro al tempo e con la fretta di "non riuscire a..."
Lo stress, in realtà, non è un qualcosa di negativo in sè: "fisiologicamente" è la risposta di un organismo ad un fattore esterno (reale o immaginario, chiamato stressor) che produce un azione tesa a ridurlo; azione fisica, cognitiva e/o emotiva.
Facciamo un esempio con qualcosa di molto comune: l'influenza!
Quando il virus dell'influeza (stressor) entra nell'organismo produce una risposta da parte del nostro sistema immunitario tesa a ridurre il danno: si attivano le difese immunitarie e l'organismo inizia a mobilitarsi per far fronte al virus. Questa è la prima fase di risposta allo stress.
Questa fase prosegue in quella di "mantenimento": le difese dell'organismo lottano, letteralmente contro il virus per tornare alla situazione di benessere precedente, anche producendo sintomi (la febbre, la stanchezza, ecc.).
Quando l'influenza si risolve e il virus è annientato siamo nella fase conclusiva di risposta allo stress (fase di esaurimento) che ci consente di tornare ad uno stato di salute ottimale.
Cosa accade se questo non avviene? Accade che l'organismo si indebolisce e lo stressor, il virus, produce effetti che non sono più tenuti sotto controllo: l'influenza si complica e diventa qualcosa di più grave.
Queste fasi di risposta agli stressor le viviamo praticamente tutti i giorni; non come risposta ad una malattia ma con la mobilitazione delle nostre risorse cognitive, emotive e comportamentali.

sabato 12 maggio 2012

I traumi della vita


Trauma: un termine che fa parte del linguaggio comune e che usiamo noi tutti in vari contesti e riferendoci a situazioni differenti, da quelle effettivamente "traumatiche" a quelle in cui il significato del termine trauma è più ironico.
Nella clinica vengono distinti due differenti tipi di trauma: i grandi Traumi, con la T maiuscola e i traumi con la t minuscola.
La differenza non è nell'importanza di uno rispetto all'altro o nella gravità, poichè, ovviamente, anche un trauma con la t minuscola può essere sconvolgente per una persona; la differenza è riferita al pericolo di vita: nei Traumi con la T maiuscola una persona ha temuto per la propria vita, ha temuto di perderla (catastrofi naturali, gravi incidenti in cui la persona ha avuto paura di morire, ecc.).
Spesso e oserei direi "inevitabilmente" la vita di tutti noi è costellata di "piccoli traumi": dal primo giorno di scuola nell'infanzia, ai primi innamoramenti non ricambiati dell'età adolescenziale sino a quelli che affrontiamo ogni giorno e di cui, nel migliore dei modi possibili, cerchiamo di contenerne gli effetti, uscendone spessissimo, per fortuna, incolumi.
Per quanto sembri esagerato, le tre esperienze di vita appena citate furono traumatiche: hanno, cioè, sottoposto il nostro corpo e la nostra mente ad uno stress, che per fortuna abbiamo superato quasi tutti!
Alle volte invece capita che una situazione stressante provochi degli effetti ben più duraturi e di intensità maggiore di quanto ci si aspetterebbe: lo stress supera e vince la soglia di tollerabilità della persona divenendo un evento traumatico con conseguenze fisiche e soprattutto psichiche.

Pensiamo ad esempio ad una persona che soffre di attacchi di panico: andando a ripescare il primo attacco di panico, probabilmente si noterà che le circostanze in cui si è verificato non sono tali da giustificare quelle paure irrazionali tipiche dell'attacco di panico (di morire, di perdere il controllo, di impazzire, ecc).

Cosa accade allora quando, subdolamente, un disagio psichico fa il suo ingresso nella vita di una persona?

ShareThis