Qualche tempo fa, sia a Roma che in altre città, sono stato attratto da un cartellone pubblicitario di un gioiello che "aiuta", se così possiamo dire, quelle persone che hanno difficoltà ad esprimere i loro sentimenti e a condividere la gioia dell'amore con i propri partner. anche attraverso una frase come "TI AMO".
Non volendomi ritrovare con una denuncia per diffamazione, calunnia o chissà che, non farò il nome di questa ditta ma per farla breve diciamo che questo monile recava, nascosta, la scritta " Ti amo" e la pubblicità era proprio mirata a quelle persone che non riescono a dire questa frase e che potrebbero quindi avvalersi di questo prezioso espediente.
Ammetto che ci sono rimasto di stucco quando ho letto questo manifesto e mi sono domandato dove andremo a finire se per ogni cosa che non riusciamo a fare/dire c'è subito pronta la soluzione offerta da qualcuno o qualcosa.
Non è forse meglio, anche per il benessere della coppia, riuscire ad esprimere le proprie emozioni e i propri sentimenti nei confronti della persona che ci fa stare bene? Non è forse più auspicabile per il nostro benessere mentale riuscire a migliorarci sempre più e questo implica una sana espressione emotiva, che significa, di conseguenza, miglioramento dell'autostima e dell'auto-efficacia percepita?
O forse è meglio che qualcuno o qualcosa faccia al posto nostro? Così se ci sentiamo frustrati perchè non sappiamo/possiamo fare qualcosa rimarremo in tale stato di frustrazione perchè non ci diamo la possibilità di acquisire le competenze e le abilità necessarie a svolgere detto compito, impresa o "semplice" dichiarazione d'amore.
Questo è probabilmente un principio universale dell'educazione infantile: fare qualcosa al posto dei nostri pargoli non è cosa buona! Meglio che sbaglino piuttosto e che vengano comunque supportati e incentivati per lo sforzo e l'impegno che ci hanno messo a fare qualcosa piuttosto che farla al posto loro, credendo così di non dargli una frustrazione...
Ma torniamo all'argomento del post: il cartellone pubblicitario e la decisamente impegnativa dichiarazione (ti amo) sono un pretesto per parlare di una difficoltà più generalizzata, probabilmente, di esprimere le proprie emozioni.
Sicuramente possiamo rintracciare le cause di questa difficoltà nel nostro contesto culturale di appartenenza e nelle relative sub-culture locali con le loro modalità educative, con la designazione rigida e stereotipata di ruoli e relativi modi di essere, di fare, di esprimersi; a partire dalla famiglia di origine, passando per la scuola, il gruppo dei pari e tutte le informazioni (che formano a loro volta) provenienti da televisione, radio e qualunque altro mezzo di comunicazione, informazione e, troppo spesso, disinformazione.
Sono poche, molto poche, le persone che possono vantare una famiglia di origine in cui l'espressione delle emozioni era permessa liberamente, senza costrizioni e/o manipolazioni; poche le persone che sin da piccoli sono state abituate al ti voglio bene e basta.
I più ricorderanno frasi come: "Se non fai questo mamma o papà NON ti vogliono bene" oppure "Se non sei così allora sei cattivo e mamma o papà NON ti vogliono bene" o ancora "Ti voglio bene perchè sei, hai, sai, ecc.".
A qualcuno si accende qualche lampadina? A molti probabilmente si.
Come dicevo sono pochi quelli di noi che possono vantare di avere fra i loro ricordi scene in cui un genitore o una persona significativa dice loro "Ti voglio bene"o, ancora meglio forse, "Ti voglio bene per quello che sei".
Questa modalità educativa è tipica della nostra cultura e quanto più cresciamo identificandoci in questi stereotipi tanto più li facciamo nostri e li mettiamo in atto noi stessi in maniera automatica, anche se non vorremmo.
Se non siamo stati abituati a riconoscere innanzitutto e quindi ad esprimere le nostre emozioni e sentimenti ma spesso, anzi, abbiamo pensato fossero cose da evitare (pensiamo alla terribile frase che può essere detta ad un bambino "Piangere è da femmine!"), come possiamo essere in grado, da adulti, di riferire e condividere il nostro mondo emotivo con la persona che ci è accanto?
Dire "ti voglio bene", "ti amo" riconoscendo il senso delle parole che stiamo usando e che sono davvero descrittive di un'emozione che proviamo e vogliamo che l'altro conosca; non un "ti amo" che si dice proprio perchè l'altro si aspetta che venga detto o perchè è consuetudine che due persone che stanno insieme si dicano questa frase!
Imparare a riconoscere ed esprime le proprie emozioni non è cosa facile ma è un'abilità che può essere acquisita, esattamente come qualunque altra abilità.
Può essere più o meno impegnativo a seconda dei condizionamenti che ci portiamo dentro e, soprattutto, a secondo dell'idea che abbiamo di un uomo o di una donna che esprime i propri sentimenti: alcune persone credono che esprimere le proprie emozioni sia segno di debolezza oppure le rende vulnerabili e non riescono ad essere aperte e sincere, che corrisponde ad aver fiducia, nemmeno con il loro partner.
Riconoscere ed esprimere le proprie emozioni ci permette di migliorare la nostra autostima e aumentare la nostra assertività e, soprattutto, ci faciliterà nell'espressione di quelle emozioni che ci fanno stare male, come la rabbia e la tristezza, che vengono taciute o fatte esplodere.
Direi che, per quanto il monile sia un'idea molto bella che può mantenere il ricordo dell'altro quando questo è assente, imparare a dire alla persona che ci è accanto cosa proviamo e cosa significa per noi è sicuramente una delle cose più importanti per il benessere della coppia, dell'amicizia e di qualunque relazione; è bello scriverlo, leggerlo, sorprendere l'altro con un "ti amo": tutte cose che poi passano.
Imparare a dichiarare il nostro sentimento è qualcosa che ci rende più capaci di esprimere tutto noi stessi, ci può rendere migliori perchè più consapevoli e, soprattutto ci permette di essere davvero presenti all'altro e per l'altro, perchè lo rendiamo parte del nostro mondo emotivo.
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